“E’ proprio nero da far paura lassù”, esclama la piccola Jane nel film di Walt Disney “Mary Poppins”, “Quella lì”, replica Bert, lo spazzacamino, “si potrebbe chiamare la soglia di un mondo incantato…”. Un mondo incantato nella canna fumaria? Tutto lo è, o potrebbe essere, se vissuto nel rispetto di sé, degli altri e dell’ambiente. Oggi ci sono i presupposti: una normativa che mette in sicurezza e certifica l’installazione e manutenzione di stufe e camini per ridurre l’emissione di polveri sottili, e un personale formato e qualificato, lo spazzacamino manutentore e il tecnico fumista. Soltanto così possiamo credere a Bert quando dice Io sto fra la cenere; eppure, non c’è nessuno quaggiù più felice di me. Ma i bambini spazzacamino dei secoli scorsi hanno un’altra storia da raccontare.
“Il fuoco mi ha sempre affascinato”, dice Massimiliano Micocci di Dolianova (SU), spazzacamino manutentore e direttore regionale di Assocosma (associazione nazionale costruttori stufe e manutentori), “E’ il lavoro dei miei sogni”, aggiunge il collega e docente formatore Paolo Zanusso di Treviso.
Sono economiche ed ecologiche le stufe a pellet e i caminetti dal design sempre più sofisticato, per funzionare al meglio però, bisogna seguire con regolarità la manutenzione ordinaria. Le norme sulla sicurezza prevedono la pulizia delle condotte fumarie una volta all’anno, preferibilmente nella stagione primaverile o estiva, o, nel caso specifico dei caminetti, dopo il consumo di quaranta quintali di legna.
L’idea dello spazzacamino che entra nelle canne fumarie affascina, è un richiamo al mondo delle fiabe, a personaggi fantastici, ma le moderne attrezzature e le ridotte dimensioni dei camini hanno cambiato le procedure di lavoro: non ci si introduce più fisicamente nella canna fumaria. Lo spazzacamino, oggi, è un tecnico manutentore di impianti fumari ed è una figura altamente specializzata, in continuo aggiornamento, con responsabilità di rilievo per la sicurezza pubblica. “Liberare le condotte fumarie dalla fuliggine” spiega Micocci, “scongiura il pericolo d’incendio, e l’intossicazione da monossido di carbonio”. I camini vecchi, inoltre, non sono più a norma, “Devono essere risanati e certificati”, aggiunge Zanusso, “s’inserisce nella canna fumaria un tubo d’acciaio che mantiene costante la temperatura, e riduce l’emissione di polveri sottili”. L’associazione di categoria Assocosma, tra marzo e aprile, terrà per la prima volta in Sardegna, dei corsi specifici di formazione per spazzacamini. Sono previsti seminari in tutta Italia.
Tra i nuovi strumenti dello spazzacamino vi è la telecamera, che viene introdotta nella canna fumaria per rilevare eventuali incrostazioni, fuliggine e residui, spazzole specifiche, e prodotti chimici. L’operazione di pulizia si può svolgere dal basso o dall’alto, in casa o dal tetto, seguendo le normative sulla sicurezza. Il manutentore spazzacamino deve saper leggere e interpretare correttamente le certificazioni di camini e stufe e deve essere a conoscenza delle normative in materia di risparmio energetico.
È un mestiere molto antico, se ne ha testimonianza già intorno ai primi anni del 600. Un tempo i camini erano di ampie dimensioni, per disincrostare le canne fumarie chi se ne occupava vi s’introduceva dentro fisicamente. Era un lavoro duro, faticoso, e pericoloso per la salute. Per infilarsi nelle strette canne fumarie era necessario avere una corporatura esile, per questo motivo venivano sfruttati i bambini delle famiglie povere. I piccoli delle famiglie povere, dall’età di sette anni, venivano mandati a lavorare per pochi soldi alle dipendenze di un adulto che li teneva con sé nei periodi invernali, per un po’ di cibo, poco, perché qualche chilo in più avrebbe reso più difficoltoso il passaggio nella canna fumaria. Terrorizzati dal buio della canna fumaria e affaticati dall’aria soffocante della fuliggine che oltretutto penetrava sotto gli indumenti, dovevano arrampicarsi facendo forza sui piedi scalzi, i gomiti e le ginocchia, e grattare con una spatola, la raspa, le incrostazioni. “Dovevo togliere le scarpe, infilarmi la casacca nei pantaloni e in testa un cappuccio, che non dovevo mai togliere per non soffocare dentro al camino. Con la raspa in mano, una spatola metallica, dovevo pulire la canna fumaria”, si legge nelle testimonianze raccolte e custodite nel museo dello spazzacamino in Val Vigezzo a Santa Maria Maggiore. Non potevano ribellarsi o scappare perché l’uomo a cui erano assegnati era il padrone che non si metteva scrupoli ad alzare le mani. “All’inizio non volevo salire, avevo paura del buio, ma dovevo andare, perché il padrone mi sgridava e minacciava di picchiarmi”. Per dimostrare di aver completato il lavoro, una volta arrivati in cima, dovevano mettere fuori la mano dal camino e gridare “Spazzacaminooo!”. Quando il camino era troppo stretto si usava il riccio, una spazzola di lamelle d’acciaio disposte a raggiera, che veniva fatta salire e scendere per staccare la fuliggine. “Mettevo la fuliggine in un sacco per venderla ai giardinieri che la usavano come fertilizzante e ai fabbri per la tempra del ferro. I soldi non li tenevo io, dovevo darli al padrone. Lui andava a mangiare all’osteria, mentre noi dovevamo mangiare per strada pane secco, polenta fredda, croste del formaggio e pelle del salame”. Ogni anno nei primi giorni di settembre in Val Vigezzo, nei pressi del museo, si tiene il Raduno Internazionale dello spazzacamino per l’occasione si rende omaggio alla statua del piccolo spazzacamino Fausto Cappini di re, morto ad appena 13 anni per aver toccato i fili elettrici dell’alta tensione sporgendosi da un camino al termine della pulitura.
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