Il ramaio, una figura oggi pressoché scomparsa, con la magia dell’artista riesce a creare da un semplice foglio di rame pentolame di ogni grandezza e tanti altri oggetti.
“Quando andavo in giro per la Sardegna e la penisola a vendere i miei manufatti, mi consideravo un viaggiatore, quando ero in laboratorio a costruire ero un creativo. Ho sempre guardato al bicchiere mezzo pieno, nonostante le fatiche e i sacrifici. Mi sono dedicato con passione e ho ottenuto tante soddisfazioni”. Luigi Pitzalis di Isili, nato nel 1952, ha esercitato il mestiere del ramaio per 50 anni, l’ultimo dei ramai in Sardegna. In pensione da qualche anno, racconta con generosità che cosa faceva e fa il ramaio. Oggi ci sono i figli a portare avanti la sua attività: gli Ultimi Ramai.
Decide di lavorare nella bottega del padre intorno ai vent’anni, aveva già fatto esperienza del mestiere da ragazzino, svolgendo compiti semplici, come aiutare a soffiare il mantice o a fare i chiodi. Il padre realizzava gli oggetti e poi andava a venderli, come negli usi del tempo, da ambulante, facendosi conoscere nei paesi circostanti: nuorese e Goceano, avvalendosi inoltre, dell’aiuto di altri uomini che si occupavano di piazzare i manufatti nel centro-nord della Sardegna.
Isili è nota per essere stata il paese dei ramai. Un tempo vi era una forte domanda di oggetti di rame, la maggior parte degli utensili da cucina era fatta di questo metallo e così le caldaie dove i pastori lavoravano il formaggio. In quasi tutti i paesi vi erano uno o più ramai: c’era chi creava gli oggetti e chi li vendeva, gli ambulanti. Isili era conosciuta anche per la forte presenza di venditori: “Secondo me per è questo motivo che è diventata leader nel settore”, perché quando la domanda di un bene aumenta, cresce la produzione e migliora la qualità, “un paese si specializza, si organizza. Vi era chi si dedicava solo alla produzione e chi alla vendita”.
Chi sono oggi i clienti del ramaio? La domanda proviene da svariati settori. Ci sono nicchie, come quella dei pastori che, seguendo i metodi tradizionali di produzione del formaggio, comprano le caldaie di rame. Vi è inoltre l’arredo domestico, un settore commerciale in espansione: il rame è un materiale ormai di moda nel design delle case, mobilio e decorazioni. Tegami e padelle di rame infondono agli ambienti una nota calda ed elegante. Lo stile vintage, che risponde al desiderio di ricreare atmosfere ed emozioni d’altri tempi, piace, e lo si trova un po’ dappertutto: nei ristoranti alla moda come nelle abitazioni. Anche l’arte sacra ricorre a questo metallo: battesimali, anfore e recipienti destinati alle cerimonie religiose.
Al ramaio si rivolgono anche gli appassionati di cucina per acquistare una batteria di pentole e utensili che risponda ai propri usi e gusti. Il rame ha un’ottima conducibilità termica, il calore della fiamma esalta il sapore dei cibi. “Si cuoce a fuoco basso. Si riconosce il cibo cotto su un tegame di rame o su uno d’acciaio”.
Tra le varie attività anche il restauro di oggetti antichi, e i servizi di manutenzione e stagnatura. Il rame a contatto con alcune sostanze, che sottoposte a cottura inacidiscono, come i pomodori, il sale, o il grasso animale, ossida, è dunque preferibile ricoprire il fondo e le pareti dei recipienti con lo stagno che è atossico.
Il ramaio tra vecchio e nuovo. Oggi è l’estetica a dettare le regole della lavorazione degli oggetti di rame. In passato era solo un optional, perché era l’utilità la ragion d’essere, e la solidità la caratteristica più importante. “La ricerca del bello ci mette in una posizione diversa, esige uno studio e una cura maggiore, sono migliorate le tecniche di produzione”.
Un tempo i ramai isilesi che giravano per i paesi, dopo aver annunciato a gran voce la loro presenza tra le strade e i viottoli, raccoglievano i rottami di rame che recuperavano dai clienti, li consegnavano alle fonderie per essere trasformati in semilavorati e poi riconsegnati al ramaio, che conferiva loro la forma definitiva. Oggi, invece, i ramai acquistano dischi o rotoli di rame, tagliando il pezzo che serve, e poi lo lavorano. Ci sono macchinari che, consentendo di saldare il rame con il rame, facilitano il lavoro, lo rendono più fluido, veloce e preciso. Un tempo si saldavano i pezzi, sciogliendo dell’ottone sulla giuntura, era un’operazione complicata, soprattutto quando s’intendeva creare una forma particolare: “Ci volevano tanti giorni di lavoro”. Oggi con i nuovi macchinari la figura può essere scomposta in tre o quattro parti che poi vengono assemblate: “E’ molto più facile usare questo sistema che partire da una lastra unica”. Il tornio ad acqua ha risolto molti problemi: l’artigiano ramaio realizza una serie di oggetti simili, un prototipo da definire e ornare, risparmiando tempi e costi.
La ricerca dei clienti tra gli anni 70 e 80 era un’opera quasi certosina: l’ambulante si recava fisicamente nei luoghi, caricandosi sulle spalle uno o due manufatti, e annunciando la sua presenza a voce per attirare l’attenzione del potenziale cliente che, se interessato si avvicinava e comprava. Il raggio d’azione era limitato. Oggi ci sono tante possibilità date dal web, i social, le fiere e sagre patronali. Anche se, “E’ sempre “il passaparola” il modo migliore per acquisire clienti”.
Il rame è un metallo molto malleabile, al suo stato naturale è morbido. La battitura fa sì che la microstruttura interna si compatti, i cristalli si avvicinino l’uno all’altro e che la lastra di rame diventi dura. Per riportarlo al suo stato naturale deve essere cotto, resta morbido anche quando si raffredda. Si batte per dargli una forma, decorarlo e renderlo duro, robusto. È la sagoma dell’oggetto a suggerire il tipo di decorazione, sempre fedele ai motivi della tradizione sarda: la stella a sei punte o sole delle alpi, se il disegno è in posizione centrale, nei punti più periferici, gli ornati, i tralci, oppure le cornici che ricordano la sagoma di un ramoscello con una foglia su entrambi i lati, la greca o lo zig e zag. “Se dobbiamo lavorare su un cerchio, come il fondo di una caldaia, o di un tegame, facciamo un disegno centrale, iniziando dal centro. Le cornici, se dobbiamo operare sulle parti estreme degli oggetti, come nel bordo dei manici”. E poi vi è la spirale un disegno un po’ complicato da realizzare. “I colpi devono essere uguali in misura e distanza. Si ottengono con la martellatura”.
Lo stile decorativo fa parte del patrimonio della tradizione sarda, risale a poco più di un secolo fa. Era usanza abbellire gli oggetti importanti, gli status symbol del corredo nuziale: il braciere di rame, i tegami col manico lungo, che dovevano essere sempre in numero dispari, cinque o nove nelle famiglie ricche, uno o tre nelle povere, le pentole con due manici, qualche padella o stampo di budino.
Il fascino del passato, la nostalgia per gli antichi usi e costumi, le atmosfere, ha conferito a questi oggetti un grande valore, vi è un crescente interesse, è cambiata la formula ma si acquistano ancora: “Oggi non si vendono più come corredo unico, si comprano uno alla volta”.
La bottega del ramaio. Gli strumenti di base sono sempre quelli tradizionali: martelli e mazzuole di legno, oggi però, si usano anche attrezzi di antichi natali, in uso già nel 700, ma che rappresentano una novità per il paese, quali la bordatrice e la calandra, e poi quelli di nuova generazione che si alimentano con la corrente elettrica, come gli smerigli, i trapani, i torni, le lucidatrici, le mole. E poi c’è lui, il ramaio, una figura oggi pressoché scomparsa, che con la magia dell’artista riesce a creare da un semplice foglio di rame pentolame di ogni grandezza e tanti altri oggetti. Pubblicato su www.mediterraneaonline.eu
Bisognerebbe incentivare dei corsi da parte del comune, per non perdere questa richezza del sapere.