Grande successo di Pizzabox Experience, il super impasto a domicilio inventato dal maestro Massimo Luke Ferrai.
Alla pizza non si rinuncia mai neanche in tempi di pandemia, ma qualcosa è cambiato: l’isolamento sociale imposto dal lockdown prima e le naturali ripercussioni oggi, hanno ingenerato usi e costumi nuovi dello stare insieme. In risposta a queste trasformazioni Massimo Luke Ferrai e la moglie, Alessandra D’Andria, titolari da undici anni della storica pizzeria “Da Adriano” di Olbia, danno vita a un nuovo servizio la “Pizzabox Experience”. Un contenitore o box dove trovare l’impasto pronto per due pizze fatto con ingredienti di qualità (lievito madre e grani coltivati in Italia), il sugo, la farina per la stesura e la mozzarella, il tutto nelle giuste dosi, e un mansionario, un libretto di istruzioni che spiega al cliente come preparare l’alimento e lo guida fino alla cottura nel forno di casa. L’idea, partorita durante il lockdown, quando i titolari in allarme per il crescere dei contagi e i rischi aziendali dovuti alle misure di contenimento sociale, decidono di interrompere per otto giorni anche il servizio d’asporto a domicilio, diventa un vero e proprio brevetto. Non vi è nulla di simile nel mercato nazionale ed europeo e la risposta della clientela supera le aspettative dell’azienda: il nuovo servizio piace, la domanda continua a crescere anche dopo il blocco. “Abbiamo quindi deciso di registrare il prodotto per ottenere il brevetto”, racconta D’Andria, “ci è stato conferito il passaporto “modello di utilità in tutta Europa””. Un successo che segna l’inizio di una nuova attività: la Pizzabox Experience, un’azienda dedicata, con logo, sito web per ordini e informazioni, e un sistema di comunicazione tutto suo. Il servizio promuove dunque un altro modo di vivere pizza e socialità, sono arrivate anche le prime richieste di affiliazione.
La storia. La pizzeria Da Adriano offre un servizio improntato principalmente all’accoglienza e alla gestione della clientela che mangia nel locale. “Quando è stato dichiarato il lockdown, ci siamo un po’ spaventati e abbiamo deciso di chiudere per otto giorni”. Una pausa per riflettere e cercare di capire come andare incontro alle esigenze emergenti. La gente aveva più tempo libero a disposizione, ma un raggio d’azione limitato alle mura di casa e ai rapporti in famiglia. Come trascorrere le giornate in modo piacevole sembrava essere dunque una delle grandi domande della pandemia, che cosa poteva offrire l’azienda in quel frangente? Professionalità ed esperienza. Ferrai è maestro istruttore dell’Accademia Pizzaioli d’Italia a Portogruaro, esperto d’impasti a lunga lievitazione e una passione per i prodotti della panificazione che porta con sé fin da quand’era bambino. Come unire dunque la maggiore libertà oraria con le risorse dell’azienda? Mettendo la propria esperienza al servizio del loro tempo, dando tutto ciò che serve per fare una pizza in casa con prodotti di qualità e un impasto realizzato da un esperto: la Pizzabox Experience.
Mettere le mani in pasta piace a tutti, uomini, donne e bambini ed è la tendenza del momento. Sentire il tepore di acqua e farina sulle mani, il profumo del lievito, la forza impiegata per dare forma all’impasto, suscita stati di benessere per il corpo e la mente. Rievoca i ricordi felici dell’infanzia, è quasi una forma di meditazione perché costringe a stare nel “qui e ora”. La preparazione di pizza, pasta e dolci favorisce il buonumore, dà spazio alla socialità. E il desiderio di stare insieme a parenti e amici dopo aver trascorso due mesi e mezzo lontani è ancora più forte, constatano gli imprenditori. Cresce la voglia di riunirsi, di stare in compagnia, “La pizzabox rappresenta un valore aggiunto”. Uno svago, un momento di condivisione. I creatori del brevetto l’hanno pensata così. Genitori e figli possono divertirsi insieme a stendere le pagnotte di pasta, a picchiettare con il palmo e l’indice per fare la spianatura, a distribuire gli ingredienti sminuzzati, a fare i pizzaioli. Ma potrebbe diventare anche un intrattenimento per i turisti, un diversivo di fine giornata alla portata di tutti e di chi desidera entrare nel vivo della tradizione culinaria nostrana. Ed ecco che la pizza simbolo dell’italianità, nata fin dalle origini come il cibo che si consuma fuori di casa e in compagnia, come alimento associato al gioco, diventa essa stessa il gioco.
Sulle origini della pizza
La spianata di frumento cotta di cui è fatta la pizza nasce nell’antichità come luogo dove posare carne, pesce o verdura, come tovaglia o piatto che poi si mangia, se ne trova traccia in diverse culture. Sembra rispondere alla necessità di essere al tempo stesso arnese, luogo del cibo e cibo stesso che si può consumare in cammino, per strada, in viaggio, dappertutto. “La gestualità dell’impastare, spianare e del mettere a cottura è comune in tutto il mondo antico mediterraneo e mediorientale fino all’India”, osserva l’antropologo Franco La Cecla nel suo “La pasta e la pizza”. I napoletani recuperarono e trasformarono questa lontana usanza in un prodotto locale, un piatto tipico con caratteristiche tutte sue, urbano e popolare. Le prime pizzerie napoletane di cui si ha notizia si collocano temporalmente tra la fine del 600 e l’inizio del 700 e sono conosciute come “laboratori” o fornai dove s’impasta, cuoce e si compra la pizza. E’ verso la prima metà del 700 che alcuni di loro predisporranno un’area apposita con i tavolini per la consumazione in loco. La pizza con il pomodoro (prima metà del 700) conquistò tutti, anche i sovrani borbonici, ed ebbe successo tra i sovrani della Casa Savoia, tanto che proprio alla Regina Margherita di Savoia nel 1889, il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la pizza che per il colore bianco della mozzarella, verde del basilico, e rosso del pomodoro, divenne simbolo del vessillo tricolore, e la denominò Margherita. La Real Casa rilasciò a Esposito un attestato che conferì alla pizza margherita il rango di cibo patriottico e risorgimentale, icona dell’identità italiana. Dal 5 febbraio 2010 la pizza napoletana è ufficialmente riconosciuta come specialità tradizionale garantita dall’Unione Europea, e nel 2017 l’Unesco ha dichiarato l’arte del pizzaiolo napoletano come patrimonio immateriale dell’umanità.
Pubblicato anche su www.mediterraneaonline.eu
Commenti recenti