Trovare sé stessi e il proprio ruolo nel mondo. “Bisogna aver il coraggio di cercare e seguire la propria strada, anche se inconsueta”. Aurora Angius di Isili, 41 anni, un diploma da geometra, ha scelto di svolgere un antico mestiere, la calzolaia, in sardo “Sa Sabattera”, perché dice: “Io sono una che ripara, e una creativa”, capace di trasformare un pezzo di pelle in una borsa, uno zaino, un porta monete e tutto quello che è possibile realizzare, in uno stile che recupera e innova la tradizione e cultura sarda. Ha esposto i suoi lavori a Porto Cervo- in una importante vetrina accanto alle migliori griffe – in svariati spazi espositivi dell’isola e mostre a tema, ha partecipato alle sfilate in collaborazione con Capoterra 2000 Accademy, e si promuove sul web, Facebook e Instagram.
Sognava di tornare al suo paese – dopo aver lavorato fuori per quindici anni – e di svolgere una professione che le consentisse di esprimere il suo estro, di soddisfare la sua passione per le arti manuali, e di stare a contatto con la gente.
Prima di arrivare al negozio s’intravede una piccola tettoia di legno, ornata di fiori, e un murales, proprio di fianco all’ingresso, su cui è dipinto un albero che dà alla luce dei frutti speciali, le sue borse. Aurora, da quando è scoppiata la pandemia, giacché il laboratorio è piccolo, accoglie i clienti all’esterno, nel giardino, dove ha messo un tavolino di legno e un campanello. L’odore della vernice da scarpe e il rumore degli attrezzi da lavoro, creano quell’atmosfera che riporta un po’ indietro nel tempo, quando era usanza portare le scarpe rotte dal calzolaio, anziché buttarle via per comprarne di nuove. Ma, c’è ancora qualcosa lì ad attirare l’attenzione del visitatore: una vetrina di accessori in pelle, firmati Sa Sabattera, tutti pezzi unici.
Alla ricerca della propria strada: le esperienze professionali a Firenze, l’anno vissuto a Madrid, e i viaggi in Europa, accrescono in lei il desiderio di tornare a Isili, insieme alla constatazione che la crisi economica generale, dopo l’attentato alle Torri Gemelle, aveva reso sempre più ardua la ricerca di una occupazione stabile: l’unica offerta di lavoro che offrisse qualche garanzia era quella nei bar, come cameriera, ma non voleva rinunciare ai suoi sogni. Nel 2010 ritorna a Isili. “Mi chiesi: che cosa posso fare?”. Si reca da suo zio, Salvatore Atzori, calzolaio storico del paese, e gli chiede, “M’insegni?”, lui risponde, “Siediti e guarda”. Nel frattempo, viene convocata da un’agenzia interinale per lavorare temporaneamente nell’ufficio Ticket dell’ospedale di Isili: la mattina si dedica al nuovo impiego, e il pomeriggio va dallo zio per imparare il mestiere. Va avanti così finché non riceve i finanziamenti del bando Impresa Donna. Nel 2014 apre la bottega, nonostante le difficoltà economiche che la costringono ancora per qualche anno a svolgere lavori stagionali lontano da casa.
“Mio zio aveva un paio di pezze di pelle particolari, provai a fare un portamonete, così come l’avevo pensato. Ci riuscii. Fu un’emozione indescrivibile”. Da quel giorno non ha più smesso. Le sue opere sono speciali, tutte pensate per valorizzare la cultura sarda e promuovere lo stile personale di ciascun cliente. Compra il pellame a Pisa e sceglie le pezze in base al colore e al progetto. Poi vi applica inserti di stoffa lavorata al telaio dalle Tessitrici di Isili, ricamati con fili di rame e d’argento, che riproducono le forme e immagini della tradizione nostrana. Ma anche stoffe pregiate che una sua amica, Lucia Pescia della tappezzeria Pescia di Venturina Terme, presso cui trascorreva le estati da bambina, le regala di tanto in tanto.
Tra i suoi accessori spiccano gli zaini sardi, le “taschette” del pastore: un modello con la pancia, molto comodo per la sua capacità di rendere leggero qualunque peso. Un tempo lo zaino, anche se vuoto, doveva sembrare pieno, perché l’allevatore usciva da casa con lo zaino semi vuoto, ma quando ritornava era pieno di frutti raccolti cammin facendo: la taschetta camuffava quei piccoli furti.
Vi è dunque una rivisitazione in chiave moderna degli usi e costumi della sua terra, ma anche una sensibilità ai temi ambientali, al rispetto per la natura, gli animali. Per l’acquisto del pellame si rivolge a concerie che usano scarto di macellerie. “Non voglio che l’animale venga abbattuto per il solo commercio della pelle, preferisco la concia vegetale”.
Tra le taschette, ve né una intitolata “Sa Friorosa”, come l’omonima leggenda isilese, segno del forte senso di appartenenza al suo paese. Un altro modo per dare voce ai valori in cui crede, e che ancora oggi caratterizzano i piccoli paesi della Sardegna, come la solidarietà familiare e sociale, l’aiuto reciproco. Ma c’ è anche qualcosa che ha fatto per sé, una pochette nera con una pavoncella d’argento stilizzata, che porta con sé durante le sfilate. La pavoncella sarda è simbolo di fertilità e prosperità.
Nei momenti di difficoltà trova sempre qualcosa che le dà il coraggio di andare avanti: un cliente che le racconta di aver scovato tra le sue creazioni ciò che cercava, acquistando o regalando un suo pezzo, oppure sapere di aver suscitato delle belle emozioni. La richiesta, inoltre, di esporre i suoi accessori in una vetrina di Porto Cervo accanto a capi firmati Prada e Dolce Gabbana, è stato un importante riconoscimento. Ma una delle soddisfazioni più grandi è sapere che i bambini, così le han raccontato le madri, quando le scarpe si rovinano chiedono alla mamma “Portami da Sa Sabattera”.
Ha una predisposizione a prendersi cura degli oggetti, ma anche delle persone. “A volte bastano pochi accorgimenti per far rinascere una scarpa, e così per le relazioni sociali, basta chiarirsi per far rispuntare il sole”. E’ ormai nostra abitudine buttare via tutto anche quelle cose che sono solo un po’ consumate dal tempo, ma così si accumulano rifiuti, si danneggia l’ecosistema.
Aurora è l’unica nel suo paese a occuparsi de is aconcius, di aggiustare tacchi e suole, suo zio non c’è più, ma non è rimasta sola, può contare sull’aiuto di altri colleghi, Simone Usai, Pietro Ruiu, Marco Mereu, cui è molto grata. Con loro è entrata a far parte dell’Associazione Calzolai Italiani, di cui è rappresentante regionale. Sono in pochi ormai a dedicarsi a questo lavoro, ma Sa Sabattera non si arrende. “Desideriamo ridare valore al nostro mestiere, affinché sia riconosciuto come tale”. Un’inversione di tendenza, dunque, da non trascurare per le ripercussioni positive sull’ambiente, e per il valore sociale e culturale del riparare. Pubblicato anche su www.mediterraneaonline.eu
Fantastica.